Ristorante o mensa?
Con nota n. 004779 del 22.01.2021, il Ministero dell’Interno ha chiarito che, ai sensi dell’art. 2, comma 4, lett. c) del DPCM del 14 gennaio 2021 (cfr. news Fipe) – disposizione relativa alla cosiddetta “area arancione” che prevede, da un lato, la sospensione delle attività dei servizi di ristorazione eccenzion fatta per i servizi di delivery e take away e, dall’altro, la prosecuzione delle attività delle mense e del catering continuativo su base contrattuale – deve ritenersi consentito lo svolgimento, nel rispetto delle misure di contenimento del contagio, dell’attività di ristorazione all’interno dei pubblici esercizi in favore di lavoratori di aziende con le quali l’esercizio abbia instaurato un rapporto contrattuale avente ad oggetto la somministrazione di alimenti e bevande.
Pertanto, l’attività in può essere svolta non solo da imprese con specifico codice ateco 56.29.1 (mense) o 56.29.2 (catering continuativo su base contrattuale) ma anche da parte di esercizi che svolgano tale attività sulla base di un rapporto contrattuale con il committente del servizio, a condizione che vengano rispettati i protocolli o le linee guida diretti a prevenire o contenere il contagio.
Inoltre, la nota ministeriale chiarisce che, per agevolare le attività di controllo, è opportuno che gli esercizi interessati a fornire detto servizio tengano in pronta visione:
• copia del contratto sottoscritto tra esercente e datore di lavoro;
• elenco dei nominativi del personale beneficiario del servizio.
La nota citata, infine, esclude espressamente la possibilità che le medesime attività possano esser fornite – sempre sulla base di un contratto – anche nei confronti di un libero professionista (o di un titolare di partita IVA), in quanto in tal caso difetterebbe un elemento imprescindibile delle attività di mensa o di catering continuativo, costituito dalla “collettività”.